Mobilitazione per vendicare la strage dello Stato nel carcere di Modena

Con questo articolo vogliamo provare a mettere insieme varie voci attorno o direttamente coinvolte nella rivolta del carcere di modena e degli assassini da parte del DAP e delle guardie penintenziarie in questo carcere.

– Rassegna Stampa di articoli relativi al fatto che 5 detenuti di Modena raccontano ciò che è successo durante la rivolta :

– Sulla rivolta e il massacro all’interno del carcere di Modena

– Lettera scritta il 16 Marzo : “Ai morti di Modena e ai suoi rivoltosi”

ai morti e ai rivoltosi di Modena

– Testo “A nove mesi dalla strage di Stato nelle carceri

A NOVE MESI DALLA STRAGE DI STATO NELLE CARCERI

Modena : Alcuni aggiornamenti sulla rivolta e repressione

– Lettera di un prigioniero presente nel carcere di Modena il giorno della rivolta che ha scritto una lettera al bolletino anticarcerario OLGA

… e alcune azioni solidali avvenute

Pacchi bomba a cofindustria Brescia e secondini Modena

Presidio sotto il carcere di Modena il 7 Novembre 2020

 

 

 

Articolo del’anarchico Davide Delogu, prigioniero a Caltagirone

Davide Delogu, sardo di origine, è prigioniero ora nel carcere di Caltagirone in Sicilia.

pubblichiamo un contributo di davide datato il 3 novembre 2020:

Un contributo di Davide Delogu

Continuo la conflittualità, sciopero dell’aria e sciopero del vitto.
Il 22 Ottobre, per la prima volta, sono stato autorizzato dal DAP, su ennesime richieste della mia famiglia che sempre fa, a svolgere una
videochiamata solo con i miei genitori e basta, altrimenti avrebbero bloccato la video, a stile 41bis. Non voglio azzardare troppo ma penso
che la pressione avuta da questa determinazione con la campagna di scioperi solidali qualche effetto, per tale concessione, l’abbia
avuta, come pure dopo una settimana la sbarrocrazia mi ha spostato in un’altra sezione di isolamento quasi vuota (i due presenti dormono 18
ore al giorno…ci voleva un pò di silenzio tombale..). Mi danno la cella migliore con le pianelle a terra e pure nei muri del bagnetto,
un lusso, dove finalmente non ci sono perdite di acqua, e per ora tirando le somme, abbiamo ottenuto una piccola miglioria, ossia una
migliore vivibilità in cella e di iniziare qualche videochiamata.
Seguiranno poi aggiornamenti e unisco un mio testo sul carcere che avevo scritto tre anni fa, mai pubblicato come contributo per la
solidarietà dato che non riesco a scriverne uno come si deve riguardo a questa campagna solidale. Viva chi lotta.

Carichiamo quindi il file pdf del suo contributo scritto tre anni fa, dal carcere di Augusta.

articolo-davide

Ecco il suo indirizzo :

Davide Delogu
CC di Caltagirone
Contrada Noce S.Nicola Agrò
95041 Caltagirone (CT)

per chi volesse saperne di più :

https://roundrobin.info/?s=davide+delogu

 

Roma – Pizzata benefit e partenza carovana Bialysturbo

Sabato 31 Ottobre Pizzata benefit anti repressione dalle h19 , poi dj set a 4 ruote con djx “TUT(T)E DA MECCANICA” – Dress code contenuto nell’invito –

Domenica 1 Novembre acchittaggio furgoni, presentazione e saluti alla carovana Bialysturbo in partenza

Al Bencivenga Occupato a Roma

Quindi on the road again, gomme gonfie, serbatoio pieno e zaini in
spalla
DAJE FORTE STATE OF MIND

Piacenza – Scritto di Natascia dal carcere sullo sciopero della fame che inizierà sabato 24 ottobre

Un anno, due mesi e 24 giorni.

E’ il tempo che è trascorso dal mio arrivo a Piacenza, tempo pieno di vuoto, tempo speso ad addomesticare tutti i propri sensi, nella sperimentazione di un’autodisciplina che permetta di trasformare alchemicamente lo spreco di una vita in esperienza formativa. Non ho mai cercato il conflitto, nonostante la quotidianità, qui, sia la riproposizione costante di occasioni di scontro; ove abbia opposto le mie ragioni a questo sistema di neutralizzazione dell’individuo, ho cercato di farlo con “educazione”, nel forzato rispetto dei ruoli, tentando di fare mie, o se non altro mie armi, quelle stesse illogiche dinamiche che i carcerieri issano a propria bandiera: regole, diritti, doveri, protocolli. E non lo dico certo per farmene un vanto, tutt’altro: ma l’esperienza umana, in galera, è talmente distante da un qualsivoglia buon senso, senso comune, o semplicemente senso qualsiasi, che bisogna giocare la partita anche sapendo bene che è truccata. E ciò nonostante è stato inevitabile, con il solo riaffermare e preservare la mia dignità, il crearsi di un rapporto di manifesta inimicizia con alcuni graduati e dirigenti di questa prigione, senza stupore e senza sforzo, per gli stessi ruoli assegnatici dalla natura e i posti a sedere assegnatici dalla vita e dalle scelte personali. E dunque la solerzia di alcune guardie particolarmente comprese nel proprio ruolo, calorosamente spalleggiate dalla comandante dell’istituto, ha fatto sì che i contenuti della mia corrispondenza privata, anche scaduto il primo provvedimento di censura nel dicembre 2019, privati non fossero mai, in barba a ciò che dice il codice penale. Particolare dispetto suscitavano immagini iconiche e A cerchiate, a riprova della profondità d’analisi che caratterizza il loro operato sempre, per non parlare delle esplicite manifestazioni di solidarietà. Ben fragili e miseri devono essere “l’ordine e la sicurezza dell’istituto” (questa la motivazione in calce ai trattenimenti) se una cartolina o la foto di una scritta su un muro li possono mettere in pericolo. E’ stato dunque su sollecito del carcere di Piacenza, se non dietro sua esplicita richiesta (questo non lo posso sapere) che il 16/09/2020 mi viene notificato un secondo provvedimento di censura della durata di sei mesi firmato dal GIP. Ho scelto di ricorrervi tramite avvocato, ed ancora una volta fare buon viso a cattivo gioco, e attendere pazientemente che fissino una data per il ricorso, e tutta la trafila. Nel frattempo però, ai miei carcerieri sembra passata la voglia di fare il loro lavoro, e così l’ufficio comando, che si occupa della mia posta, se si fa vedere lo fa una volta a settimana, o anche più raramente. La posta in uscita non esce, quella in entrata si accumula sulle loro scrivanie. Perfettamente in linea con lo spirito da statali pressapochisti con cui dirigono l’intero carcere, e ad ulteriore conferma (se mai ce ne fosse bisogno) del carattere punitivo e ritorsivo del provvedimento, visto che quello che scrivo/ricevo in fondo non interessa neanche. Ben altro ci vuole per fiaccare il mio morale, ma è particolarmente irritante il fatto che nel non-luogo teoricamente deputato ad insegnarci a viva forza il rispetto della legge, i loro codici valgano quanto la carta straccia, ed è a mio avviso sbagliato tacere l’arbitrarietà ignorante con cui fanno il loro brutto mestiere.

Per questo motivo, e visto che le circostanze non lasciano intravedere un cambiamento di rotta, ho deciso che inizierò uno sciopero della fame a partire da sabato 24 ottobre e per il tempo che mi sembrerà opportuno. E’ una battaglia personale, che forse lascerà il tempo che trova, che forse denoterà una mancanza di fantasia da parte mia, ma che mi sembra doverosa. Chi ha voglia, nel frattempo, di continuare a intasare l’ufficio comando di comunicazioni più o meno futili, basta che mi scriva, è il benvenuto, che non si dica che non si guadagnano il loro stipendio zuppo di sangue.

Mi mancate tutti.
Salud y anarquìa,
Nat

Lettera di Fra dal carcere sullo sciopero del carrello

“Solidarietà tra prigionierx anarchicx”

Le condizioni detentive nelle prigioni italiane continuano a peggiorare; di fronte all’emergenza COVID le richieste dellx prigionierx sono rimaste per lo più inascoltate, facendo nascere rivolte in decine di carceri, seguite poi da una forte repressione, con trasferimenti punitivi e procedimenti penali. In quelle rivolte, molti detenuti sono morti. La responsabilità di quelle morti è dello stato. Le modifiche apportate dai sistemi carcerari dalla primavera scorsa in molti casi hanno significato una riduzione dei contatti con l’esterno, riduzioni delle attività, isolamenti, rendendo le condizioni detentive sempre più invivibili. Ad oggi, non ci sono segnali di miglioramento, nonostante ormai ci sarebbe stato tutto il tempo per agire di conseguenza alla situazione. Le nuove disposizioni non fanno presagire nulla di buono, con misure ancora più restrittive per le sezioni di alta sicurezza ed un ampliamento dell’utilizzo del regime 41 bis di tortura lenta che mira a piegare le strutture basilari delle identità individuali.
A fronte di ciò, chi osa essere contro le prigioni, contro lo stato che le gestisce e la società che le necessita, chi porta avanti pratiche di solidarietà dentro e fuori le mura, viene sempre più spesso rinchiuso al di qua di queste. Le ultime inchieste anti anarchiche sono chiaramente un modo per osteggiare la solidarietà con lx prigionierx, e lx prigionierx anarchichx.

Tra questx, alcune situazioni di prigionia spiccano per il loro carattere particolarmente punitivo e insostenibile.
Davide Delogu si trova infatti sottoposto a regime di 14 bis, per non aver mai abbassato la testa di fronte all’istituzione carceraria. Nonostante le sue richieste di trasferimento in un’altra prigione, non è stato trasferito ed anzi, la sua situazione si è aggravata.
Giuseppe Bruna si trova nella sezione protetti del carcere di Pavia da più di un anno, nonostante le sue ripetute richieste di trasferimento, il DAP dietro pretesti non l’ha trasferito.
Il sistema patriarcale su cui lo stato e la società si reggono svela nel mondo delle prigioni i suoi aspetti più infimi e acuti: lo vediamo nelle peggiori condizioni in cui versano le prigioniere nelle carceri femminili in generale, negli stereotipi di genere a cui sono costrette, nelle logiche di infantilizzazione e psichiatrizzazione che sono loro imposte. Lo vediamo nel trattamento riservato alle compagne anarchiche, che vengono divise e sparpagliate nelle AS3 d’Italia, perché questa è la prima logica del patriarcato: dividere le donne, perché quando si uniscono fanno tremare il potere. Lo vediamo nel trattamento degli uomini con un orientamento sessuale non normativo, e in quello delle persone che non si riconoscono nel binarismo di genere imposto, a cui è riservato un posto tra infami, pedofili e stupratori.

Come anarchica non sostengo di certo la logica dei circuiti differenziali delle prigioni, come non sostengo la logica stessa della prigione, a cui mi oppongo e contro cui lotto. Perché ogni tipo di prigione venga distrutta.

Nel frattempo non starò immobile e zitta mentre dex compagnx anarchicx vivono delle condizioni insostenibili in altre prigioni.

Davide e Giuseppe lottano per il loro trasferimento in situazioni più vivibili. Io sono con loro.

Per questo, da lunedì 19 ottobre porterò avanti uno sciopero del carrello nel carcere di Latina dove sono rinchiusa.

Per un mondo libero dalle galere.
Per la solidarietà tra e con lx prigionerx.
Per l’Anarchia.

Fra si è unita allo sciopero del carrello e aggiornamenti sul processo

Riceviamo notizia del fatto che Fra si è unita allo sciopero del carrello in solidarietà agli anarchici Beppe e Davide iniziato il 19/10.

Comunichiamo anche che è stato fissato ed accettato il giudizio immediato per i compagni e le compagne colpiti/e dall’operazione ed attualmente in galera o ai domiciliari.
Le indagini rimangono aperte per gli/le altre indagati/e che verranno in caso giudicati/e separatamente.
La prima udienza in corte d’Assise sarà a Roma il 14 Dicembre alle ore 9:30.

Liberx tuttx!

Richieste di contatti per tappe e sostegno materiale da portare in giro

Ciao,
stiamo preparando una carovana nel mese di novembre in solidarietà ai/
alle detenut* anarchic* e contro ogni gabbia da Roma alla Sicilia per
fare presidi saluti sotto le infami mura, iniziative benefit e non,
presenze variegate in strada.
Questo il nostro blog bialystok.noblogs.org
e questa la nostra mail bialystokexpress@riseup.net ( indirizzo mail
munito, per chi vuole, di una chiave pgp)

per questioni logistiche stiamo ancora cercando di coorganizzare le
varie tappe con chi vive nelle proprie zone o nelle vicinanze, allora
raggiungeteci dai!!!!
Stiamo cercando dei contatti lungo la strada che possano ospitare
iniziative benefit antirepressione e, se vi viene in mente qualche
realtà che possa contribuire dandoci prodotti diy da vendere in giro o
da usare in cucina, per le iniziative, sarebbe fantastico!!!!

Porteremo in strada o negli spazi una cucina, un drive-in, una distro,
una serigrafia, un officina tuttofare e tanto altro..vorremmo anche
creare discussioni e dibattiti intorno (e non) al libro “gli anarchici
di Bialystok”.
Saremo sicuramente a Roma l’ ultima settimana di ottobre e a Napoli per
il convegno anticarcerario che è il 7/8 novembre
(https://combattereilcarcere.noblogs.org/).

dai dai fate girare la voce!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
gomme gonfie e serbatoio pieno!
per l’anarchia per la libertà

ecco dei materiali che ci servirebbero, in prestito o in regalo!

– due letti a castello (quindi 4 posti letto), preferibilmente di metallo
– una batteria per il gruppo estemporaneo BialytRock
– dei bruciatori per le pappe numerose
– un free shop di cose entusiasmanti
– autoproduzioni per banchetti benefit – uguenti, pomate e stregonerie
varie di auto-cura, conserve, olio e cibo buono fatto in casa o in giro,
toppe,e chi più ne ha più ne metta!
– vino, birra e liquori per il bar
– mappatura delle fonti d’acqua
– taniche di gasolio!

lista in aggiornamento continuo!

Dateci una mano per i benefit! Raggiungeteci!

Come prima bozza di calendario e tappe della carovana, vi sveliamo un po
di informazioni.
Per ovvie ragioni di (dis)organizzazione, visto, tra le altre cose, che
la carovana si muoverà a secondo degli incontri, delle disponibilità e
delle scelte fatte tra i membri della carovana e della compagine che
speriamo incontrare lungo la strada, le date non sono ancora definite.
Per evitare di rendere del tutto pubblico (almeno non troppo in
anticipo…) le varie tappe, sopratutto quelle sotto le mura delle
carceri, vi chiediamo di contattarci via mail, o a passa parola se ne
avete la possibilità. Vi anticipiamo due cose per contattarci :
l’indirizzo mail è munito di una chiave PGP che permette di conservare
l’anonimato… e in maniera radicalmente opposta la carovana sarà munita
di un numero di telefono per chi si organizza all’ultimo!

le tappe, con partenza i primi di novembre da Roma e un arrivo previsto
in Sicilia l’ultima di Novembre.

  • Roma
  • Rebbibia
  • Terni
  • Latina
  • Napoli

E POI, DA DEFINIRE DOVE CI FERMEREMO , ATTRAVERSEREMO QUESTE REGIONI

  • CAMPANIA
  • CALABRIA
  • SICILIA

Sull’ Operazione Bialystock – Una lettera di Nico dal carcere

SULL’ OPERAZIONE BIALYSTOK

Queste brevi note, scaturite da una prima rapida lettura delle carte a mia disposizione e che riguardano la cosiddetta Operazione Bialystok, sono state scritte con l’intento di permettere una comprensione, seppur superficiale, causa il punto di vista soggettivo, degli elementi salienti contenuti in questa nuova inchiesta antianarchica e degli sviluppi della repressione che da essa si possono evincere. Le ondate repressive seguono da sempre i movimenti ciclici del conflitto sociale, tanto che spesso siamo portati ad affermare che non c’è “niente di nuovo sotto il sole”. Tuttavia analizzare i mutamenti di paradigma e degli strumenti in essa utilizzati, accanto a quelli che avvengono nella societá nel suo complesso, ci permette di contestualizzarle individuandone le cause e gli obiettivi specifici, e di sviluppare di conseguenza le strategie di resistenza e di contrattacco indicate. La repressione non é infatti sempre uguale a se stessa e comprenderla nel suo trasformarsi dovrebbe essere d’ interesse a chi si prefigge di “far sempre meglio” nella lotta anarchica contro ogni potere.

Nel caso specifico che mi riguarda la parte più interessante è costituita dal resoconto che il PM ha fornito al GIP con la richiesta delle misure cautelari. Fin dalle sue prime pagine appare evidente “l’ampio sguardo” che aspira ad avere l’inchiesta, il cui dichiarato obiettivo è quello di comprendere il recente evolversi del movimento anarchico attivo nel territorio italiano e, nella fattispecie, di quella che viene chiamata da qualcunx “Nuova Anarchia”.

A questo scopo si fa ampio ricorso alla ricostruzione storica elaborata nell’ ambito dell’ indagine Scripta Manent a partire dalla “spaccatura” del movimento a seguito dell’ inchiesta Marini in “ fazione lottarmatista” (a favore di un’ organizzazione stabile e riconoscibile) e “fazione a favore dell’anonimato”, che avrebbe portato in seguito allo sviluppo delle ormai famose quattro tendenze dell’ anarchismo insurrezionalista :”classica”, “ informale”(altro modo utilizzato per indicare la tendenza definita “ lottarmatista”), “ sociale” e “ecologista”. A seguito delle condanne in primo grado contro la FAI, risultato coronato dopo decenni di indagini e processi falliti, gli inquirenti sembrano oggi voler “far fruttare” quanto stabilito giurisprudenzialmente da questa lunga serie di sentenze. E questo sembra valere anche per quanto riguarda i metodi d’ indagine. Come per l’ Op. Scripta Manent, nella quale l’analisi dei documenti sembrava aver avuto una discreta centralitá nelle indagini, il ROS continua infatti a distinguersi per un monitoraggio centralizzato (e privilegiato) dell’ effervescenza anarco-insurrezionalista attraverso uno studio sistematico della “pubblicistica d’area”. Questa metodologia è la stessa elaborata all’ interno dell’ ex nucleo anticrimine del tristemente famoso generale Dalla Chiesa per contrastare il ribellismo armato degli anni ’70 e ’80: un contesto vasto e caotico viene scandagliato, sezionato, schematizzato e ricomposto per farne un quadro decifrabile dalla mentalità a forma di legge di magistrati e inquisitori vari.

Ê così, seguendo lo stesso metodo, questa “ Nuova Anarchia” si caratterizzerebbe secondo gli inquirenti per un superamento delle ormai tradizionali divergenze sull’uso o meno di sigle e rivendicazioni per spostarsi verso una posizione più “fluida” che predilige l’alternanza del loro utilizzo con l’anonimato, in base alle valutazioni del momento. Questo passaggio sarebbe avvenuto seguendo i “dettami” che Alfredo Cospito avrebbe promulgato dal carcere attraverso vari articoli usciti sui giornali anarchici Vetriolo e Fenrir.

Nel quadro dell’ inchiesta che mi riguarda le persone indagate sono quindi descritte come una sorta di “eredi” della FAI che avrebbero fatto proprie le “ indicazione” del Cospito, e questo alla luce dell’ associazione contenutistica tra il “documento clandestino” “ Dire e Sedire”(scritto a loro attribuito), assimilabile alla rivendicazione dell’attacco alla caserma dei carabinieri di S. Giovanni a Roma, e a quelli espressi più generalmente dalla FAI ( conflittualitá in opposizione all’ attendismo, risposta alla repressione con l’azione, campagne di solidarietá). Ulteriori evidenze sono costituite dalla solidarietá rivolta alle individualitá prigioniere a seguito dell’ Op. Scripta Manent con la partecipazione ad assemblee o iniziative e da una corrispondenza con Alfredo in carcere. Inoltre diverse azioni avvenute, rivendicate e non, ma sempre associate alla solidarietá, assieme ad alcuni dei contenuti divulgati nel merito dell’ Op.Panico sarebbero un “chiaro indizio” di questo passaggio di strategia.

Un altro elemento che bisogna focalizzare e su cui ruota l’inchiesta è invece di ordine puramente giuridico. Il problema che si cerca di risolvere attraverso le numerose inchieste e operazioni che ciclicamente investono le realtà anarchiche è costituito, come ammesso dagli stessi inquirenti, dalla difficoltá di applicare i reati associativi alle modalitá organizzative anarchiche. A questo proposito l’accusa cita come novità giurisprudenziali la sentenza del tribunale di Riesame di Firenze in merito all’ associazione a delinquere ipotizzata nel processo Panico e quelle nei confronti della FAI. La prima si esprime nella natura dei vincoli associativi indicando che essi “ non devono necessariamente avere carattere di continuità” ma basta che essi siano attivi in funzione del fine dell’associazione, ovvero per un suo rafforzamento. Essendo la partecipazione ad un’azione anarchica essenzialmente a “forma libera”, essa può assumere quindi una “ consistenza” variabile. Per quanto riguarda invece l’organizazione FAI, si era giá espressa nel 2013 la Corte di Cassazione stabilendo il suo effettivo carattere eversivo in quanto essa:

  • È formata da una pluralità di cellule autonome che condividono un determinato credo ideologico
  • È animata da un dibattito interno che ne indirizza l’operato
  • Prevede dei ruoli specifici che possono essere diversi da quelli comunemente attribuiti ad un’associazione, essendo anch’essa un’organizzazione anarchica, e quindi senza capi
  • Ha l’ obiettivo dichiarato di voler distruggere l’attuale assetto istituzionale ed economico
  • Accetta il rischio di vittime collaterali

Questi aspetti, uniti ad altri più generici come per esempio quelli indicati precedentemente (conflittualità, solidarietà, …), vengono anch’essi utilizzati per inquadrare l’anarchismo contemporaneo e associarne le caratteristiche alla FAI presentandoli come delle “inquietanti corrispondenze” e poter così contestare il reato di 270 bis nell’ Op. Bialystok. Concetti e strumenti che sono patrimonio dell’anarchismo da secoli vengono così presentati come caratteristiche peculiari di un’ organizzazione eversiva, e di conseguenza ogni loro manifestazione potenzialmente tacciabile di “ contiguità ideologica”:

  • Il mutuo appoggio in caso di repressione e la “ solidarietá conflittuale” sarebbe uno strumento terroristico in quanto metodo assunto dalla FAI ( leggasi “ campagne di solidarietá”)
  • La manifesta volontà di opporsi alle diverse forme del potere e del capitalismo (come l’ opposizione al predominio tecnologico) diventa un “progetto eversivo”
  • La naturale dinamicità del movimento anarchico che si esprime attraverso il dibattito interno avrebbe la funzione di far convergere le diverse componenti su obiettivi comuni (“ istigare e progettare azioni violente”)
  • L’ interesse verso tematiche di respiro internazionale e casi repressivi avvenuti all’estero sono “un’espressione anonima della progettualità FAI”

Si comincia così a creare la bozza di quello che sembrerebbe profilarsi come una sorta di reato ideologico: l’intenzione di voler abbattere lo Stato e le diverse forme di potere, la prassi del mutuo appoggio, la solidarietà e il supporto verso le individualità prigioniere, i contributi al fermento di idee e al confronto tra diversi approcci, analisi, strategie, insomma tutto ciò che caratterizza l’anarchismo nel suo senso piú ampio è potenzialmente associabile al terrorismo. Anche qui potremmo dirci, niente di nuovo. Ma vorrei porre l’attenzione sul fatto che questi elementi non sono estrapolati da un generico pensiero anarchico, ma ricondotti alle posizioni di una “rinomata” organizzazione terroristica. La differenza è evidente.

Ma manca ancora un passaggio per dare il colpo finale al nostro quadro indiziario. Come previsto dalla legge per essere ammesso il terrorismo in relazione ad una associazione deve essere dimostrata l’effettiva possibilità che quest’ ultima sia capace di atti consoni a mettere a repentaglio la democrazia, la normale attività dell’istituzioni, o come minimo a destare “panico e terrore nella popolazione”. Ed è qui che viene sfoderato l’ultimo brillante concetto per puntellare l’architettura dell’accusa. Se il riproporsi di elementi simili tra diverse rivendicazioni o nei fatti specifici contestati (come per esempio indicare il ruolo di ENI nello sfruttamento della Terra, i rapporti tra Libia e Italia in merito all’immigrazione o l’ interesse verso determinate individualità prigioniere o casi repressivi come l’Op. Scintilla o lo sciopero della fame delle anarchiche rinchiuse all’ Aquila) sono considerati” evidenti indicazioni” di un medesimo progetto criminoso, e se i “rapporti fluidi” all’interno di un’ambiente che condivide i presupposti della lotta anarchica si configurano parimenti come “vincoli associativi”, allora è proprio quest’ultimo a creare la possibilita’ effettiva di una reale minaccia alla stabilita’ del potere, e a costituire conseguentemente motivo di allarme nelle istituzioni. Come espresso infatti dalla sentenza del Riesame di Roma che ha confermato le misure cautelari in carcere, ciò che indicherebbe la pericolosità operativa dell’associazione sarebbe appunto “ il contesto” all’interno del quale essa si trova ad operare. In altre parole se esiste un “intorno” capace di accoglierne le “proposte operative” e metterle in pratica, allora non è necessario che le persone indagate siano effettivamente passate all’azione per indicarle come promotrici di un progetto “eversivo” e quindi facenti parte di un’associazione terroristica. Viene utilizzata insomma la formula che generalmente precisa l’ambito in qui debba esprimersi l’istigazione a delinquere (perché l’istigazione si profili deve necessariamente esserci un contesto “sensibile” a raccogliere l’invito a delinquere) per stabilire quello del terrorismo. Ci troviamo di fronte ad una sorta di inversione della causa con l’effetto. Non è perchè esiste un’organizzazione/associazione eversiva che conseguentemente vengono messe in atto delle azioni pericolose per l’ordine costituito. Piuttosto viene costruito un discorso tautologico secondo cui sarebbe perché esiste un “intorno”, in questo caso l’anarchismo, al cui interno circolano dei contenuti come la solidarietà e la volonta di distruggere lo Stato, il Capitale e le loro espressioni, e perchè parallellamente si registrano dei fatti che sono il tentativo di perseguire nella pratica quei contenuti, che deve di conseguenza esistere necessariamente un’ associazione terroristico/eversiva che li pianifica.

A mio parere sembra chiaro a questo punto che un o degli elementi che si voglia colpire con questa ennesima operazione sia il dibattito anarchico e , piu´ nello specifico, la “comunicazione attraverso l’azione”. Vengono infatti citati, tra le pagine dell’indagine, diversi “scambi” avvenuti tramite rivendicazioni, anche internazionalmente, con rimandi ad altre azioni, richiami a concetti espressi altrove, dichiarazioni di solidarieta’ verso anarchicx prigionierx in altri stati ecc. Questo viene fatto per delineare i tratti di un contesto recettivo a proseguire “il filo” di percorsi o ragionamenti propagandati da singoli gruppi o individualita’, attraverso una rivendicazione o un semplice scritto. Una proposta di intervento, o una determinata riflessione, per poter essere colta deve essere visibile, chiara, riconoscibile. Deve quindi “apparire” all’interno di un contesto, e la rivendicazione e il contributo scritto, al di la’ del mezzo di diffusione utilizzato, hanno proprio questo scopo.

Inoltre con questi presupposti il reato associativo puo’ facilmente diventare un nebuloso cappello da poter calare in maniera indiscriminata su chiunque faccia in qualche modo riferimento a contenuti e rpatiche ritenute di volta in volta motivo di preoccupazione per le istituzioni, come per esempio il sabotaggio della macchina delle espulsioni, l’opposizione alla guerra, o ad una particolare ondata repressiva.

Ma potenzialmente essi vanno persino oltre, ovvero nella direzione di tacciare come terroristiche le stesse basi teoriche e le pratiche piu’ elementari dell’anarchismo. All’oggi sono ancora necessarie dei fatti che generino un certo livello di allarme nelle istituzioni per giustificare una simile ipotesi di reato. E’ per questo motivo che nell’inchiesta vengono inseriti l’attacco a firma FAI di S. Giovanni e l’incendio di alcune macchine appartenenti al car sharing “eni enjoy”, attribuito a una persona che secondo l’accusa non farebbe neanche parte dell’associazione o che vengono riportate le proteste che avrebbero portato al trasferimento di paska dal carcere di La Spezia. Fatti che avrebbero “impedito a un’istituzione dello Stato di svolgere correttamente le sue funzioni”, come supporto all’ipotesi terroristica (tesi che ha permesso agli inquirenti di tentare perfino di includere paska nell’associazione, tentativo fallito soltanto per un errore tecnico del GIP). O che vengono citati diversi altri attacchi incendiari avvenuti nella capitale che, seppure non attribuiti a nessuna delle persone indagate, sarebbero tuttavia riconducibili a loro essendo “simili per tipologia di obiettivo, metodologia d’azione e rivendicazione solidale”. O che venga espressa preoccupazione a causa di alcuni plichi esplosivi inviati nel marzo 2020, principalmente nei dintorni di roma, per giustificare “l’effettivita’ del pericolo”. Questi ultimi sono tra l’altro contenuti in una nota integrativa alla richiesta delle misure cautelari, il che mi da conferma del carattere preventivo della loro applicazione. Come nel caso dell’Operazione Ritrovo, anche questa richiesta si trova infatti nel cassetto del GIP da diversi mesi, ma con lo stato d’eccezione che ha accompagnato il diffondersi del corona virus si deve essere creata una pressione di tipo emergenziale che ha spinto il GIP a firmarla.

Credo che l’accelerazione di alcuni processi dell’evoluzione Statp-Capitale provocata dalla crisi del corona virus riguardi anche l’ambito repressivo, la gestione dell’insorgenza interna e dell’ordine pubblico in generale e che sarebbe bene incominciare gia’ da ora a sviluppare ragionamenti che possano essere utili per fronteggiarlo.

Spero che questo scritto possa essere un contributo in questa direzione, invito chiunque a ribattere e ampliare queste considerazioni che sono per forza di cosa limitate dalle mie conoscenze e pertanto il riflesso di uno sguardo parziale.

Col cuore, la mente , la mano.

Nico,
uno dex 6 di Bialystok

Carovana di solidarietà agli/alle anarchic* colpit* dalla repressione

Ormai non si contano più le operazioni repressive che colpiscono compagn* negli ultimi anni. Però ce le ricordiamo tutte. L’ultima in data 12 giugno denominata Bialystok si è addirittura spinta oltre le frontiere italiane, arrivando in altri paesi per arrestarl*.Lungi da noi l’idea di abituarci/rendere banali gli arresti legati a tutte queste inchieste per terrorismo. Anzi ci dipingono come viaggiatori anarchiche del conflitto. Ebbene sì, non entreremo mai nei canoni del trittico produci-consuma-crepa, al quale aggiungere «stai zitt* e rimani dove sei a debita distanza dalle altre persone». Non vogliamo riconoscere e legittimare le frontiere cosi come l’autorità, ci muoviamo e ci muoveremo, per fare esperienze, per dare solidarietà per occupare ancora e ancora nei pezzi di mondo da sovvertire e da liberare, partendo da noi stess*.
Non ci lasceremo soffocare e con la nostra energica presa bene vogliamo prendere la strada insieme in un progetto un po’ frizzantino creando una carovana con i nostri mezzi, strumenti, autoproduzioni e saperi senza chiedere il permesso a nessuno.
L’asticella della repressione si è alzata non tanto per le inchieste che ci sono sempre state ma per il fatto che qualsiasi cosa fai è un elemento a carico del accusa.
E se fare un saluto, un presidio o andare in giro a incontrare gente che resiste e lotta per la libertà sta diventando terrorismo allora continueremo a farlo sempre più consapevoli che non ci aspettiamo niente dallo stato che vogliamo abbattere, niente di meno.
Questa carovana sarà/diventerà ciò che vogliamo che sia.
L’idea è quella di partire dal centro italia verso sud rivendicandoci la solidarietà a tutt* le i compa incarcerat*.
Vogliamo occupare strade, piazze, prati sotto le mura delle carceri, andare a incontrare compa che ci possano ospitare nei posti, creando momenti di scambio confronti iniziative per autofinanziare la carovana stessa e magari tirare su qualche spiccio per rifornire le casse antirepressione.
Portiamo nella nostra stiva ciò che vogliamo e facciamo girare la voce per essere pronti a partire prima dell’inverno.
Quindi    DAJE FORTE STATE OF MIND
ON THE ROAD AGAIN gomme gonfie e serbatoio pieno

per l’anarchia
per la libertà

Robi trasferito

Da notizie arrivate via mail apprendiamo che Robi è stato trasferito ad Alessandria in As2. Ora è in isolamento Covid.

Per scrivergli:

Roberto Cropo
C.R. “san Michele”
Via Casale, 50
15122 Alessandria

Cassa per il sostegno economico per prigionierx op. Bialystok

Il 12 giugno 2020 è andata in scena l’ennesima operazione repressiva anti-anarchica condotta dallo stato italiano, questa volta denominata operazione “Bialystok” e orchestrata dal p.m. Michele Prestipino della Procura di Roma. Cinque persone sono state arrestate e trasferite in carcere, tre sul territorio italiano e due all’estero (Francia e Spagna), mentre altre due sono state poste agli arresti domiciliari; varie abitazioni sono state perquisite tra cui uno spazio anarchico occupato a Roma ed è stato sequestrato materiale cartaceo e informatico. All’udienza di riesame per le persone sul territorio italiano sono stati confermati gli arresti tranne per Paska che è stato liberato dai domiciliari.

Viene contestata la solita associazione sovversiva con finalità di terrorismo oltre ad alcuni reati specifici tra cui l’incendio di alcune auto del car sharing dell’Eni, multinazionale italiana del petrolio, e l’attacco esplosivo alla caserma dei Carabinieri di Roma San Giovanni del dicembre 2017 firmato dalla cellula FAI/FRI “Santiago Maldonado”. L’associazione sovversiva terrorista di cui sono tuttx accusatx ruota intorno alla solidarietà espressa (attraverso scritti, mobilitazioni, presidi, ecc.) agli/le anarchicx arrestatx per l’operazione “Panico” [1] e in particolare a Paska che chiedeva il trasferimento in un altro carcere [2]. Le indagini rimangono aperte.

[1] https://actforfree.nostate.net/?s=panico
[2] https://actforfree.nostate.net/?s=paska

Ultimi aggiornamenti
Il 14 luglio Francesca è stata estradata in Italia. Al momento dell’arresto in Spagna era stata portata al carcere di Almeria, poi al carcere di Madrid dove è rimasta pochi giorni prima di essere estradata. Si trova al momento al carcere di Latina in isolamento sanitario per 2 settimane per le misure di prevenzione dal covid. Come alle altre persone indagate, le è stata notificata la censura sulla posta, ovvero la corrispondenza sia in entrata che in uscita viene letta e vagliata dagli sbirri. Le si può scrivere o inviare libri in italiano, inglese, francese e spagnolo:

Francesca Cerrone
Casa Circondariale di Latina
Via Aspromonte 100
04100 Latina
Italia

Nico Aurigemma
Casa Circondariale di Terni
Str. Delle Campore 32
05100 Terni (TR)
Italia

Claudio Zaccone
CC di Siracusa, strada monasteri 20
96014, Cavadonna (SR)
Italia

Flavia Digiannantonio
C.C di Roma Rebibbia
via Bartolo Longo 72
00156 Roma
Italia

Martedì 28 luglio Robi, arrestato nell’operazione Bialystok, è stato estradato dalla Francia all’Italia, ed è stato tradotto nel carcere di Rebibbia.
Questo il nuovo indirizzo per scrivergli:

Roberto Cropo
C.C. di Roma Rebibbia
via Raffaele Majetti, 70
00156 Roma
Italia

Sostegno economico
È importante in questo momento impedire l’isolamento carcerario dex prigionierx con tutti gli strumenti possibili, tra cui quello della corrispondenza. È inoltre necessario far fronte all’aspetto economico che coprirà sia le spese legali che le spese di mantenimento dex prigionierx. Per chiunque voglia contribuire è stato creato un apposito indirizzo IBAN; per chi senta l’esigenza di specificare la destinazione del contributo (spese legali o spese di mantenimento) è possibile farlo scrivendolo nella causale.

COD.IBAN: IT40B3608105138206892206896
INTESTATARIO: Pietro Rosetti
SWIFT/BIC: BPPIITRRXXX
MAIL: iakovlev@riseup.net

«Operazione Bialystok». In Italia la repressione non va mai in vacanza

«Operazione Bialystok». In Italia la repressione non va mai in vacanza

All’alba del 12 giugno, il sipario è stato riaperto e l’ennesimo teatrino repressivo da parte dello Stato italiano contro gli/le anarchich* ritorna in scena.

Ad esattamente un mese di distanza dall’«Operazione Ritrovo» che ha colpito sette compagn* di Bologna, è scattata in Italia l’ennesima operazione repressiva volta a tentare di togliere di mezzo altri sette compagn* anarchic*, accusat* a vario titolo di: associazione con finalità di terrorismo ed eversione dell’ordine democratico (270 bis), atto di terrorismo con ordigni micidiali ed esplosivi, detenzione e porto di materiale esplosivo, istigazione a commettere delitti contro la personalità dello Stato oltre che incendio e danneggiamenti aggravati dalla finalità di terrorismo ed eversione dell’ordine democratico.

Il costrutto accusatorio per il gruppo è di aver costituito una cellula eversiva di matrice anarchica insurrezionale, avente come «base» lo squat romano Bencivenga Occupato. I cinque, sui quali pende il 270bis, si trovano in carcere tra Italia, Francia e Spagna, mentre gli altri due sono agli arresti domiciliari.

Il nome scelto per questo teatrino a cadenza mensile stavolta è «Operazione Bialystok» e lo sfondo non è Bologna, ma Roma.

Cambiano anche gli attori in campo e questa volta troviamo la Procura della Repubblica di Roma guidata da Michele Prestipino. Chi è sempre presente come comparsa sono i carabinieri del ROS (che non è l’acronimo di Reprimi, Odia, Sottometti ma del Raggruppamento Operativo Speciale), presentatisi con il solito costume da vero terrorista: passamontagna, divisa e armi spianate, entrando in scena sfondando porte e puntando le pistole.

Il nome Bialystok è in riferimento al libro Anarchici di Bialystok, 1903-1908, dedicato alle vite e alle esperienze degli anarchici russo-polacchi e alle vicende che precedettero la rivoluzione del 1917. Quello che viene contestato a livello pratico è: per quanto riguarda Daniele, l’incendio di tre auto del Car Sharing dell’Eni (le auto «Enjoy»); a Claudio viene accollato l’attacco esplosivo alla caserma dei Carabinieri di Roma San Giovanni del dicembre 2017; per Paska, di nuovo ai domiciliari, viene contestato il 270sexies.

La procura di Roma avrebbe interpretato la sua condotta, dopo il duro pestaggio ricevuto dai secondini, come una sorta di istigazione verso l’esterno; creando quelle condizioni di pressione nei confronti del carcere di La Spezia, che alla fine hanno determinato il suo trasferimento (?). Ciò che loro chiamano istigazione altro non è che la solidarietà spontanea e decisa ricevuta dai compagni da fuori.

A fare da sfondo generale ci sono le azioni portate avanti da tutt* i compagn*: presidi sotto le carceri, produzione di scritti, finanziamenti, messaggi lasciati sui muri. Insomma alcune delle tante azioni che, da chi non è disposto a subire e tacere, vengono messe in pratica per rispondere a questo Stato infame, assassino e autoritario.

Questo teatrino altro non è che l’ennesimo tentativo di spaventarci, dividerci, fermarci e toglierci i compagni dalle strade, dai posti occupati e da tutti quei luoghi che di fatto possono essere terreno fertile per alimentare focolai di rivolta.

Noi non ci lasciamo intimidire. Ancor più determinati di prima continueremo a portare la nostra solidarietà nelle sue molteplici forme e le nostre idee di libertà qui e ovunque.

E che questa solidarietà si diffonda!

A.K.A.B. — Anti Knast Anarchist/innen Berlin

Ricevuto via e-mail [giugno 2020].

fonte: malacoda.noblogs.org

Bologna – Considerazioni in seguito al presidio sotto il carcere della Dozza

26 giugno sotto il carcere della Dozza – considerazioni

Tornare sotto il carcere della Dozza e riuscire a comunicare a lungo con i prigionieri è stato emozionante e ci ha provocato ancor più rabbia. Qualcuno/a di noi è finito/a dall’altra parte del muro il mese scorso, anche se non alla Dozza; è stata una permanenza – seppur breve – che ci ha convinte e convinti ancora di più di quanto delle galere non debbano restare che macerie.

Venerdì 26 giugno eravamo tante/i là sotto; siamo arrivati sotto le sezioni dei comuni e dell’AS3 e finalmente, dopo mesi, siamo riusciti a comunicare bene con chi è rinchiuso. Sin dal nostro arrivo si sono alzati dalle celle cori per la libertà e contro le galere.

Tutta la nostra vicinanza e complicità è stata portata alle compagne e ai compagni arrestati con l’Op. Bialystok, dove ancora una volta la solidarietà è stata attaccata, la solidarietà espressa in più modi e forme verso i/le compagni/e arrestate per l’Op. Panico e a fianco di Paska che aveva alzato la testa contro il pestaggio riservatogli dalle guardie durante il trasferimento per un’udienza a Firenze e contro la sua permanenza nel carcere di La Spezia.

Abbiamo riportato ai prigionieri quello che sta succedendo anche in altre carceri, un quadro che fa emergere senza mezzi termini che le strette imposte nel periodo dell’emergenza coronavirus hanno tutta l’aria di voler essere prolungate il più possibile da parte del DAP e delle direzioni dei penitenziari: dalle limitazioni ai colloqui, 1 o 2 al mese col plexiglass, alla stretta sui regimi a celle aperte, sino alle ripetute intimidazioni verso chi alza la testa.

Si è ribadita la responsabilità di Bonafede e dei suoi leccapiedi del DAP per le morti avvenute durante le rivolte di marzo, l’uso strumentale di quegli episodi su cui ora si fa leva per imporre ulteriori restrizioni. Lo Stato, come si è visto in questi mesi, cerca di volta in volta di attribuire la responsabilità delle stesse alla regia mafiosa o anarchica, per lavarsi la coscienza di ciò che è solo il frutto dell’orrore quotidiano del sistema carcerario. In questo senso le limitazioni estreme che regolano il regime del 41bis riflettono proprio il modello carcerario punitivo e di annullamento dell’individuo a cui, con crescente evidenza, si richiamano i vertici del DAP e il ministro Bonafede per l’intero panorama carcerario.

Dalle celle sono partiti ripetutamente cori e urla, fino ad arrivare a un fitto scambio di informazioni sulla situazione interna alla Dozza: dalle sezioni dei comuni più voci hanno raccontato che perdurano le limitazioni sui colloqui (uno al mese col plexiglass) e sulle ore d’aria (solo due al giorno) in tutto il carcere; diversi sono ancora i casi di prigionieri ammalati di COVID, o quantomeno di sospetti tali, tenuti nelle sezioni con gli altri e si parla di persone a cui le “cure” sono “garantite” con la sola somministrazione della solita tachipirina; per quanto riguarda il cibo, con il carrello del vitto è un susseguirsi di pasta, pane e riso, confermando la scarsa attenzione dell’amministrazione per una dieta minimamente salubre mentre l’uso delle docce è limitato a 5 minuti, altrimenti si riceve rapporto da parte delle guardie; regolari sono le perquisizioni delle celle intorno alle 4 di notte; i prigionieri hanno lamentato l’assenza di educatori (alcuni invece li hanno insultati senza mezze misure) e di qualsiasi tipo di attività lavorativa o meno; molti di loro hanno residui di pena bassi e magari anche un domicilio, ma non vengono fatti uscire; il detenuto che a fine maggio aveva dato fuoco all’infermeria (ad oggi ancora fuori uso) è stato picchiato e sbattuto in isolamento.

Più volte le guardie in borghese presenti sulle mura di cinta, con chiaro intento intimidatorio, hanno rivolto le loro telecamere verso i detenuti che comunicavano con i solidali.

Raccogliere notizie su quanto avviene dentro e renderle pubbliche ci sembra il minimo, tanto più in un periodo come questo, in cui nelle galere il lockdown sembra tutt’altro che superato e che la tendenza sia quella di normalizzare questa situazione.

Non si stupiscano lorsignori se fra un po’ di tempo, magari molto poco, la misura sarà nuovamente colma.

Anarchich* da Berlino solidai e complici.

ADESSO CHE AVETE PAURA.

E’ sempre più chiaro ormai come il modello economico dominante, sacrifichi alla legge del profitto e della competizione esasperata qualsiasi espressione di libertà individuale, uguaglianza e solidarietà sociale.
Di fronte a tutto ciò, numerosi sono gli scenari di rivolta che esplodono e si ramificano in ogni parte del mondo.
Dal confederalismo democratico curdo, ai territori autonomi zapatisti, da Hong Kong al Chile.

In questi ultimi mesi, il modo in cui la pandemia da Covid è stata gestita ha ulteriormente amplificato e reso evidente la disuguaglianza tra chi il sistema lo subisce e chi pretende di controllarlo.
Questo ha reso più estrema la tensione sociale e il suo potenziale esplosivo.

La morte di George Floyd, di per sé un evento non eccezionale nel contesto della brutalità di un sistema che giornalmente uccide e devasta, vissuto nel momento del lock down globale a causa della pandemia, ha scatenato a livello internazionale un’esplosione di rabbia che si è manifestata in molteplici forme: dall’assedio dei distretti di polizia, ai saccheggi di quei beni a cui molt* non hanno più onon hanno mai avuto la possibilità di accedere, alle grandi manifestazioni di piazza.

E tra le urla di chi, stanco di subire e servire a testa bassa, pretende adesso e subito di essere ascoltat* recepiamo un chiaro messaggio: pur a fronte di un sistema che ha cercato con tutti i mezzi e le tecnologie a sua disposizione di controllare, organizzare, lobotomizzare e reprimere tutti gli aspetti delle nostre vite, il naturale senso di ribellione e dignità non è stato completamente annientato e riaffiora in tutta la sua potenza e molteplicità. A fronte della disgregazione sociale, molti hanno naturalmente deciso di non abbassare la testa e attivare forme di autorganizzazione della rabbia e del proprio esistente. Esperienze individuali e collettive che rivendicano la loro unicità e differenza, ma che si schierano unite contro un potere che le vuole uniformi per poterle facilmente controllare ed annientare quando non più conformi alle leggi del profitto economico.

Nell’attuale scenario internazionale, l’opposizione a questo sistema di sfruttamento non è rappresentata da un unico fronte di opposizione, bensì da una molteplicità di forme e di esistenze conflittuali, la maggior parte delle quali non mirano a sostituirsi sugli spalti del potere, ma vogliono difendere le proprie esperienze di autogestione.
Questo meraviglioso e caotico incendio cresce, si ramifica e si riproduce come biodiversità immanente, e le forme del potere si trovano impreparate e deboli a muoversi su un piano di realtà che si fa sempre più ampio e scivoloso.
Chi riesce a muoversi con agilità in questo spazio di resistenza multiforme, se non coloro che hanno costruito le loro vite e le loro pratiche di azione sull’abbattimento di ogni forma di autorità, sulla solidarietà, sulla complicità con le diverse lotte?
Anarchic*, combattenti dell’incerto e dell’imprevisto, che si muovono con disinvoltura tra le contraddizioni del reale, sapendo apprezzare il valore di ogni lotta nella sua unicità, diversità e forza nell’essere granello di sabbia tra i meccanismi del potere.

Ed è proprio in questo contesto che si inseriscono le ultime operazioni repressive condotte in italia contro gli anarchici.
Le varie procure di stato e organi polizieschi non fanno più mistero di aver spostato l’obiettivo dell’azione penale dal fatto in sé, alla criminalizzazione delle esistenze conflittuali. L’impianto accusatorio è sempre più focalizzato sull’attività politica e solidale, sull’elaborazione di testi e analisi, sull’indagine minuziosa dei comportamenti quotidiani che non sono conformi agli standard del cittadino silente e obbediente.
Da qui il passo è breve nel rivendicare, come è stato chiaramente fatto per l’Op. Ritrovo, la matrice preventiva dell’operazione repressiva.
Se al centro del processo di criminalizzazione non ci sono più i fatti, ma i comportamenti, le idee e i nostri modi libertari e antiautoritari di interpretare e attraversare la realtà, allora tutto ciò ci porta ad una semplice conclusione: c’avete paura.

Nonostante la potenza dei vostri mezzi repressivi, nonostante continuiate ad incarcerare e torturare nelle caserme e nelle galere, nonostante proviate a dividerci e separare, fiutiamo la vostra paura di poter perdere il controllo su una realtà che non si presenta più ai vostri occhi soggiogata e univoca, ma multiforme, incazzata e potenzialmente dirompente.
Una realtà che per noi anarchici è il contesto naturale in cui noi ci muoviamo, in cui costruiamo relazioni di solidarietà e complicità con la nostra capacità di intercettare relazioni tra le diverse forme di lotta che si esprimono o che potenzialmente potrebbero esplodere.

Se la questione non vi è chiara, proviamo a raccontarvi una semplice storia:
C’è un falò nel fitto bosco attorno al quale si riunisce una piccola comunità. Quel fuoco ne rappresenta i sogni, i desideri, la dignità di un percorso di riconoscimento, autodeterminazione, autogestione e muto appoggio. Il suo calore accomuna gli individui che si riconoscono uniti nella diversità.
Tra le sue fiamme brillanti si specchiano i sogni degli anarchici. Volti incerti e cangianti che si accompagnano sulle cime degli alberi del folto bosco per mostrare a chi da quel falò non si era ancora alzato, che tutt’attorno brillano migliaia di altri fuochi. E per ogni fuoco, una nuova comunità, altri sogni, altre resistenze e vite, altri individui uniti della diversità. E dall’orizzonte, nel lampo di uno sguardo, sale un grande incendio che illumina il nulla che avanza.

Ed è proprio la paura di veder divampare le fiamme di questo grande incendio che spinge, questa volta la procura di Roma, a muovere le solite accuse che ormai conosciamo bene, contro sette compagn*. La montatura di quest’ultima operazione repressiva denominata Op. Bialystok altro non è che l’ennesimo tentativo di spaventarci, dividerci, fermarci e toglierci i/le compagn* dalle strade, dai posti occupati e da tutti quei luoghi che di fatto possono essere terreno fertile per alimentare focolai di rivolta.

Contrariamente a voi, noi non abbiamo paura. Saremo sempre solidali e complici con chi si oppone con ogni mezzo a questo Stato infame e assassino.

Senza fare un passo indietro continueremo a percorrere le nostre strade verso la liberazione insieme a tutt* i/le compagn* rinchius* nelle patrie galere e limitat* della propria libertà, con la certezza che le strade di liberazione che stiamo percorrendo mirano dritte a colpire i meccanismi del potere, a scompigliare i piani dello stato in tutte le sue forme violente e autoritarie.

Non ci avrete mai vittime inermi, bensì inarrestabili ribell*!

Il nostro più sincero disprezzo verso le vostre forme di repressione è pari alla gioia nel sentirvi deboli e impauriti.

Non chiedete perdono all’incendio che vi spazzerà via,
lui non conosce pietà

Anarchich* da Berlino.

Bologna – Testo distribuito in occasione del Presidio solidale agli arrestat* Op. Bialystok

Venerdì 19 giugno si è svolto in piazza dell’Unità a Bologna un presidio in solidarietà alle anarchiche e agli anarchici arrestati nell’Operazione Bialystok. In piazza diversi sono stati gli interventi in solidarietà anche alle compagne e ai compagni prigionieri per le operazioni Prometeo (che avranno udienza preliminare il 22 giugno) e Scripta Manent (il cui processo d’appello inizierà il 1°luglio).
Di seguito il testo distribuito.

Venerdì scorso, a un mese dall’operazione Ritrovo, la mano dello Stato attraverso i suoi carabinieri del Ros e il procuratore Dall’Olio ha portato via altri sette tra compagni e compagne, di cui due sono agli arresti domiciliari e cinque in carcere tra Italia, Francia e Spagna. Viene contestata la solita associazione sovversiva con finalità di terrorismo oltre ad alcuni reati specifici tra cui l’incendio di qualche auto del car sharing dell’Eni (le auto Enjoy) e l’attacco esplosivo alla caserma dei Carabinieri di Roma San Giovanni del dicembre 2017. Per Paska, di nuovo ai domiciliari, viene contestato anche il 270sexies per la solidarietà che avrebbe portato pressione al carcere di LaSpezia e avrebbe determinato il suo trasferimento.

Come un mese fa dopo gli arresti qui a Bologna non grideremo a nessuna ingiustizia riguardo quest’inchiesta. Non ci sono vittime della repressione tra chi decide di opporsi a questo mondo osceno. Lo Stato, attraverso coscenziosi magistrati e solerti forze dell’ordine, fa di tutto per sopravvivere e fermare chi minaccia la sua esistenza. Partorisce leggi e mette alla pubblica gogna compagni e compagne dipingendoli con epiteti che riflettono sempre e solo la sua stessa natura. Ci chiamano terroristi e istigatori. Che facciano pure. Noi e chi ci sta intorno sappiamo chi siamo, così come sappiamo che dietro questi appellativi si nasconde la preoccupazione delirante di chi vuole regolare le nostre vite.

Alcuni dei compagni e delle compagne arrestate li conosciamo bene e con alcuni abbiamo condiviso per anni le strade di questa città. Non ci interessa sapere se sono innocenti o colpevoli dei reati di cui sono accusati per decidere di portare la nostra solidarietà. Ci interessa invece sapere che qualcuno continua a non darsi per vinto nonostante questa società suggerisca continuamente di deporre l’ostilità e di farsi i cazzi propri. Sappiamo bene chi è il colosso chiamato Eni, che sparge morte e nocività nel sud del mondo come nel sud Italia, e non stupisce anzi rallegra che qualcuno abbia deciso di illuminare la notte romana con alcune di quelle auto rosse. Così come sappiamo, e in questi giorni anche un po’ di più, che i carabinieri sono tra le forze dell’ordine che difendono il prosieguo di questo mondo infame, quindi non stupisce anzi rallegra che qualcuno decida ogni tanto di bussare alle loro porte coi mezzi che la fantasia gli suggerisce. E non ci sarà accusa di istigazione a delinquere che potrà mettere a tacere il dire che l’azione diretta è giusta ed appropriata. Così come è stata giusta e necessaria la solidarietà verso un compagno combattivo sottoposto a soprusi nel carcere di LaSpezia.

Anche stavolta infatti la solidarietà è sul banco degli imputati, in particolare quella espressa verso i compagni e le compagne coinvolti nell’ ”operazione Panico”. E’ evidente che la solidarietà rivoluzionaria e quella tra gli oppressi li spaventa, forse perché i servi dello Stato non sanno cosa voglia dire, così come non sanno cosa sia quella vita degna che noi da compagni e compagne abbiamo scelto di sperimentare.

Se la solidarietà è il loro cruccio continuerà ad essere la nostra arma.

A fianco degli anarchici e delle anarchiche arrestati nell’ ”operazione Bialystok”.

Complici e solidali a Bologna

Op. Bialystok – comunicato di solidarietà

Wo aber Gefahr ist, wächst das Rettende auch.
(Dove c’è pericolo, cresce anche ciò che salva)
Friedrich Hölderlin

L’operazione Bialystock ci ha colpiti veramente da vicino. Dal 12 giugno 2020, 7 compagne e compagni sono in carcere e agli arresti domiciliari per opera dei ROS. In quanto toccati in prima persona, non possiamo rimanere in silenzio e vorremmo spendere due parole per analizzare l’accaduto.

In primis, le accuse.
Principalmente, il famoso articolo 270 bis, “associazione con finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico”, introdotto nel codice penale il 6 febbraio 1980 a seguito dell’esperienza degli anni di piombo, e modificato ed ampliato nel 2001 a seguito dell’undici settembre. Articolo nato dalla paura e applicato per paura, che risponde ai cosiddetti reati di pericolo presunto. Da sottolineare non soltanto la nebulosità delle categorie di terrorismo ed eversione, applicabili ad libitum ovunque ci sia da reprimere un elemento fastidioso nel corpus sociale, quanto il concetto stesso di associazione. Quello che si vuole punire con questo articolo non sono reati compiuti, bensì potenziali; e l’articolo si può applicare laddove si riesca a dimostrare che individui si associno, attraverso pratiche, ma anche tramite discorsi, affinità o finanziamenti. Quello che lo stato liberale deve a tutti i costi impedire è cioè il respirare insieme delle vite, il loro libero e multiforme cospirare.

Ubi fracassorium, ibi fuggitorium.
(Dove c’è una catastrofe, lì c’è una via di fuga)
Pulcinella.

Parimenti, l’articolo a proposito de “l’istigazione a commettere delitti contro la personalità dello Stato” trasuda la paura da parte degli apparati statali per la forza e performatività dei discorsi. Quello che viene qui punito è il pensiero e la ragione critica dell’esistente: dovremmo accontentarci dello status quo, per quanto irrazionale e perverso esso possa essere, senza possibilità né di metterlo in discussione, né di cambiarlo. Quello che gli spaventati difensori dell’ordine non riescono a cogliere è che la critica dell’esistente non è né una necessità, dettata da qualche invariante storica, né una possibilità, dettata dalla più o meno forte volontà di chi critica. La messa in discussione di un certo tipo di mondo è un’esigenza che deriva dallo stesso stato di cose, che non è più tollerabile. E se impediscono l’associarsi e il risuonare di vite qui, esse germoglieranno e giocheranno lì. Ed è per questo che hanno così tanta paura da sfoderare questi ridicoli meccanismi giuridici: tutto il mondo si sta disgregando sotto i loro occhi, e la radicale trasformazione è un’esigenza che ormai tutti gli esseri umani non riescono ad ignorare. Negli Stati Uniti sono ormai tre settimane che si succedono insurrezioni generalizzate ai danni delle forze dell’ordine e della proprietà privata, insurrezioni che – sorde ad ogni compromesso riformistico – stanno puntando dritto all’abolizione dell’istituzione poliziesca.

Dove gli apparati statali hanno paura per la loro stessa sussistenza, riscoprono queste misure emergenziali e cercano di colmare con la violenza un vuoto che si sta aprendo sotto i loro piedi. E non sembra essere un caso che questa operazione sia avvenuta a poche settimane di distanza dall’operazione “Ritrovo” ai danni delle compagne e dei compagni di Bologna, non sembra essere un caso che sia avvenuta a seguito della fragile situazione economica e sociale al seguito della pandemia di Covid-19.

Vorremmo dire anche due parole sul Bencivenga, dove i ROS hanno fatto brutalmente irruzione considerandola la base di questa ipotizzata associazione. Quest’ultimo è uno spazio occupato, ma non chiuso: accoglie individualità disparate da sempre e rende possibile incontrarsi ed esprimersi grazie all’aria di libertà che vi si respira. Le tante iniziative a sostegno dei detenuti e delle detenute che vi si svolgono sono state bollate come finanziamento ad altre attività, rendendo evidente il tentativo da parte dello Stato di dotarsi di uno strumento per criminalizzare una pratica necessaria quanto affermata in tutta Italia.

Alle loro misure giuridiche che ci vorrebbero affibbiare colpe e destini tragici, rispondiamo come abbiamo sempre fatto come collettivo NNS, con la gioia dell’autogestione al di fuori del diritto e dello scambio di merci, e col complice e solidale portare avanti le lotte degli esseri umani con cui abbiamo scelto di respirare insieme, di co-spirare. Alla colpa di associarci, prestazione che ci vorrebbe isolati in triste e predeterminate esistenze, rispondiamo con il libero gioco delle nostre amicizie. La loro tragedia, sarà per noi commedia, e laddove ci sarà una catastrofe, lì si apriranno multiformi e variegate vie d’uscita.

TUTTU LIBERU!
Collettivo NNS

Un testo di Nico

Riceviamo e pubblichiamo questo testo di nico dal carcere datato 19/06:

A* amic* e amor* della mia vita, a*  mi* compagn* di lotte e avventure, a* anarchic* e a tutt* coloro che hanno interesse per la mia situazione: scrivo queste poche righe per aggiornarvi sulle mie condizioni e farvi avere notizie sul caso repressivo che mi riguarda.
Il mio arresto è avvenuto a casa dei miei genitori la mattina presto di Venerdì 12 giugno ad opera dei ROS di Roma affiancati da carabinieri del comando locale. Dopo una lunga perquisizione, che ha interessato principalmente il materiale cartaceo presente nel furgone in cui dormivo e nella stanza che lì utilizzo, mi sono stati sequestrati una lunga serie di manifesti e locandine, libri, riviste ( alcuni dei quali a detta loro gli “mancavano”), corrispondenza personale, agende, taccuini e appunti manoscritti vari, tutti i computer ed i supporti di memoria esterni trovati nell’abitazione, due telefoni, una sim, una macchina fotografica digitale, nonché le scarpe che indossavo, un paio di guanti, uno scaldacollo ed una maschera antigas di tipo militare. Mi è stata contestualmente notificata un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per partecipazione ad un’associazione con finalità di terrorismo e eversione dell’ordine democratico. Sono inoltre accusato a vario titolo di danneggiamento, imbrattamento, manifestazione non autorizzata, furto, istigazione a delinquere; la maggior parte dei suddetti reati è riconducibile alla solidarietà nei confronti de* indagat* e dei prigionieri dell’operazione Panico. L’operazione che mi riguarda (soprannominata Operazione Byalistock)  è il risultato dell’intensa attività d’indagine partita a seguito di un’azione a firma FAI/Cellula Santiago Maldonado avvenuta a Roma il 7/12/2017, oltre che della preoccupazione delle autorità repressive per alcune azioni dirette avvenute nella capitale negli ultimi anni (nel dispositivo sono stati citati alcuni incendi di auto del servizio car-sharing eni enojy, l’incendio di un ripetitore Vodafone, mentre i media parlano perfino di fatti risalenti fino a 10 anni fa, ovvero dell’attentanto esplosivo a una caserma dei carabinieri del 2010, ad una banca nel 2012, al tribunale di Civitavecchia nel 2016 e di uno avvenuto nel 2017 ai danni della sede dell’Eni) e per il periodo di possibile instabilità sociale che seguirà l’emergenza Covid-19. Nelle carte a mia disposizione si parla anche di collagamenti internazionali con Grecia (per un mio viaggio nel novembre-dicembre 2018), Cile ( per la visita di una compagna presso il Bencivenga Occupato nel settembre 2018) e con Berlino ( a quanto pare solo per un’azione a firma FAI avvenuta in quella città nell’ottobre dello stesso anno), oltre che ideologici con Alfredo Cospito, anarchico detenuto per la gambizzazione Adinolfi e varie azioni firmate dalla Federazione Anarchica Informale.

Sono stato conseguenzialmente rinchiuso in una sezione di isolamento del carcere di Rieti per fare la quarantena di 14 giorni, adottata come misura dell’amministrazione penitenziaria volta a contenere la diffusione del virus Covid-19 all’interno delle carceri. Noi nuovi giunti siamo rinchiusi in celle 3,5 m x 2,5 m circa al piano terra dell’angolo sud-ovest della struttura. Da mercoledì 17 Giugno ci stanno finalmente facendo fare 40 minuti di aria a testa. La sezione è al completo e riusciamo a tenerci compagnia e ad aiutarci come possibile. Io sto bene, il mio morale è buono e per ora non mi manca niente in carcere. Ho sentito il saluto di domenica scorsa e ricevuto molti telegrammi e posta, tutte cose che hanno contribuito a darmi forza in queste lunghe giornate.

Ringrazio moltissimo tutt* per questo.Mi aspetto di essere traferito in un altro carcere con sezioni di alta sorveglianza entro la fine dei 14 giorni di quarantena. Entro 15 giorni circa da oggi dovrebbe svolgersi il riesame che si esprimerà sull’ordinanza di applicazione delle misure cautelari per me e * altr* 6 indagati detenut*. Colgo quest’occasione per mandare un caloroso saluto a loro e a voi tutt*. Il mio cuore è con voi.
Carcere di Rieti
19/06/2020
Nico

Smascherare il nemico – Note sull’operazione Bialystok

Mi dolgo di ogni crimine che nella mia vita non ho commesso.
Mi dolgo di ogni desiderio che nella mia vita non ho soddisfatto.
Dichiarazione di Senna Hoy, un anarchico di Bialystok

Il 12 giugno a Roma scatta l’operazione «Bialystok», condotta da quelle merde dei ROS, che porta in carcere 7 individualità sparse fra Italia, Francia e Spagna: 5 in carcere e 2 agli arresti domiciliari.

Se non fosse che in questo caso ha a che fare con la repressione, il nome di Bialystok per molte ha invece un che di poetico: rimanda all’esperienza breve ma intensa di alcuni anarchici ebrei-polacchi che diedero vita ad uno scontro senza mediazioni contro i rappresentanti del potere in tutte le sue forme (Stato, religione, famiglia, poteri economici). Con attacchi a suon di dinamite, propaganda col fatto, cospirazioni e azioni in piccoli gruppi di affinità, quegli anarchici del primo novecento, inebriati dall’idea della riproducibilità delle loro azioni, credevano di poter incendiare i cuori di chi sa individuare il nemico. Il loro sogno, come quello di tutte quelle persone che si definiscono anarchiche, era l’insurrezione: farla finita con il mondo dell’autorità per far nascere qualcosa di inedito, attraverso una rottura violenta con tutti i dogmi e i luoghi comuni.

Pur lontani nella storia, quei compagni parlano di idee che sono tutt’altro che lettera morta, come si è visto ultimamente in tutto il mondo: le rivolte in carcere scoppiate ovunque durante la pandemia, le sommosse negli Stati Uniti contro il razzismo e la brutalità della polizia, e ancora gli insorti di Cile, Libano e Hong Kong che non si piegano alla repressione sanguinaria di chi vuol difendere i privilegi dei soliti noti. Questi sono solo alcuni esempi di come le condizioni sociali imposte attraverso lo sfruttamento creino la possibilità di rivoltarsi contro di esso, perché ci sarà sempre chi troverà il modo di ribellarsi e di attaccare la propria condizione di schiavo.

Per entrare nel merito, di cosa sono accusate queste compagne anarchiche? Prima di tutto di avere delle idee pericolose per un sistema basato sul potere e sul dominio della merce, ben difeso da un sistema tecnico che non è neutrale e che persuade la maggioranza delle persone all’opinione che questo mondo sia ineluttabile. Il sacrilegio esiste quando c’è chi interpreta la vita sempre con un coltello fra i denti, soffiando sul fuoco ogni volta che si scorgono possibilità di rottura con l’esistente o quando si sopravvive in apparente pace sociale, ispirando anche altre ad agire contro il nemico. Considerando ciò che venne scritto a proposito di un anarchico di Bialystok, “conosceva solo le gioie di una lotta intensa e febbrile. M. riconosceva solo un nemico, la tranquillità, la monotonia, la banalità”, va da sé che lo sguardo di chi cospira contro l’esistente si muove senza sosta un po’ dappertutto. Se per il mondo in cui viviamo è giusto che Eni, come tante altre multinazionali, continuino a devastare il pianeta e ad alimentare guerre per l’oro nero; se gli stupri, le torture e i pestaggi che avvengono nelle caserme e nelle carceri hanno senso per mantenere questa mortifera tranquillità, allora noi stiamo dalla parte del torto con queste individualità anarchiche, accusate di aver colpito proprio questi tentacoli del dominio. Rifiutando la logica della colpevolezza e dell’innocenza, non c’interessa sapere se siano state loro o meno, ma siamo ben contenti di sapere che queste pratiche siano esistite in passato e continuino ad esistere ancora oggi.

Per le accuse che pendono sulla testa dei compagni incarcerati non ha senso separare la repressione che colpisce gli antiautoritari da quella che cerca di stroncare, spesso preventivamente (come nel caso dell’operazione Ritrovo ai danni delle anarchiche di Bologna), ogni critica all’ordine e qualunque sintomo di rivolta non recuperabile dai falsi critici dell’esistente. Fra una minaccia “terroristica” e un contagio del virus della servitù, fra “lotta alla criminalità” e gestione della guerra all’epoca dell’epidemia, il discorso repressivo sta usando il suo manganello concettuale per difendersi dagli assalti del presente. In un periodo in cui il mondo sta cambiando ad una diversa velocità, dove la militarizzazione degli spazi diventa sempre più asfissiante, le condizioni di sopravvivenza si fanno sempre più stringenti e il controllo totalitario della tecnologia fa i conti più con la persuasione dei suoi sudditi che con la critica di qualche individuo affascinato dall’autismo degli insorti, la questione essenziale è come e perché sconvolgere il mondo dell’identico con la passione dello straordinario. Per non darsi al banale, per difendere tutte le ribelli rinchiuse nelle galere e per guardarsi la mattina allo specchio e rendersi conto che la tetra realtà non può fermare i sogni di sovversione. Alla fine anche le più pessimiste l’avranno notato: se purtroppo alcuni anarchici scendono a compromessi con la fandonia della politica o con l’orrore della violenza gregaria, non prendendo una posizione chiara ed etica neanche quando accadono sopraffazioni inaccettabili, le idee sovversive invece, quando la rabbia esplode, sono linfa vitale per scardinare questo mondo. L’attacco degli insorti al mondo poliziesco partito dall’ennesimo omicidio ai danni di un afroamericano non ci parla proprio di questo? Vogliamo lasciarci assuefare dalla monotonia (anche quella militante) o viverci l’utopia?

Anarchici di Bialystok 1903-1908

E’ uscita la prima edizione del libro “Anarchici di Bialystok 1903-1908”, edizioni Bandiera Nera.

Anarchici di Bialystok 1903-1908

“Questo libretto viene finalmente dato alle stampe dopo alterne vicende. Una prima traduzione era stata fatta nel 2013 dai compagni reclusi della sezione di alta sorveglianza prima ad Alessandria, poi a Ferrara, in attesa del processo per il ferimento Adinolfi. La traduzione è stata poi rivista e ampliata fuori dalle mura del carcere; ci troviamo ora a curare la revisione finale, dopo ulteriori episodi repressivi, tra gli AS2 di Ferrara, Alessandria, Roma, con l’appoggio esterno di alcuni compagni della biblioteca anarchica Sabot. Piccola dimostrazione che anche i tempi morti imposti da clausura e censura non riescono a fermare pensiero e volontà.”
Estate 2017, Roma, Alessandria, Ferrara.

“Qualcuno potrà chiedersi: perché rimestare in un passato così lontano? cosa possono insegnare, a noi anarchici del XX° secolo queste vecchie storie? non siamo certi degli storici e proprio per questo crediamo che le vite delle compagne e dei compagni che ci hanno preceduto abbiano un valore solo se ci trasmettono forza, tenacia, coerenza, esperienza viva.”
Alfredo

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