Articolo del’anarchico Davide Delogu, prigioniero a Caltagirone

Davide Delogu, sardo di origine, è prigioniero ora nel carcere di Caltagirone in Sicilia.

pubblichiamo un contributo di davide datato il 3 novembre 2020:

https://roundrobin.info/2020/11/un-contributo-di-davide-delogu/

Continuo la conflittualità, sciopero dell’aria e sciopero del vitto.
Il 22 Ottobre, per la prima volta, sono stato autorizzato dal DAP, su ennesime richieste della mia famiglia che sempre fa, a svolgere una
videochiamata solo con i miei genitori e basta, altrimenti avrebbero bloccato la video, a stile 41bis. Non voglio azzardare troppo ma penso
che la pressione avuta da questa determinazione con la campagna di scioperi solidali qualche effetto, per tale concessione, l’abbia
avuta, come pure dopo una settimana la sbarrocrazia mi ha spostato in un’altra sezione di isolamento quasi vuota (i due presenti dormono 18
ore al giorno…ci voleva un pò di silenzio tombale..). Mi danno la cella migliore con le pianelle a terra e pure nei muri del bagnetto,
un lusso, dove finalmente non ci sono perdite di acqua, e per ora tirando le somme, abbiamo ottenuto una piccola miglioria, ossia una
migliore vivibilità in cella e di iniziare qualche videochiamata.
Seguiranno poi aggiornamenti e unisco un mio testo sul carcere che avevo scritto tre anni fa, mai pubblicato come contributo per la
solidarietà dato che non riesco a scriverne uno come si deve riguardo a questa campagna solidale. Viva chi lotta.

Carichiamo quindi il file pdf del suo contributo scritto tre anni fa, dal carcere di Augusta.

articolo-davide

Ecco il suo indirizzo :

Davide Delogu
CC di Caltagirone
Contrada Noce S.Nicola Agrò
95041 Caltagirone (CT)

per chi volesse saperne di più :

https://roundrobin.info/?s=davide+delogu

 

Roma – Pizzata benefit e partenza carovana Bialysturbo

Sabato 31 Ottobre Pizzata benefit anti repressione dalle h19 , poi dj set a 4 ruote con djx “TUT(T)E DA MECCANICA” – Dress code contenuto nell’invito –

Domenica 1 Novembre acchittaggio furgoni, presentazione e saluti alla carovana Bialysturbo in partenza

Al Bencivenga Occupato a Roma

Quindi on the road again, gomme gonfie, serbatoio pieno e zaini in
spalla
DAJE FORTE STATE OF MIND

Dateci una mano per i benefit! Raggiungeteci!

Come prima bozza di calendario e tappe della carovana, vi sveliamo un po
di informazioni.
Per ovvie ragioni di (dis)organizzazione, visto, tra le altre cose, che
la carovana si muoverà a secondo degli incontri, delle disponibilità e
delle scelte fatte tra i membri della carovana e della compagine che
speriamo incontrare lungo la strada, le date non sono ancora definite.
Per evitare di rendere del tutto pubblico (almeno non troppo in
anticipo…) le varie tappe, sopratutto quelle sotto le mura delle
carceri, vi chiediamo di contattarci via mail, o a passa parola se ne
avete la possibilità. Vi anticipiamo due cose per contattarci :
l’indirizzo mail è munito di una chiave PGP che permette di conservare
l’anonimato… e in maniera radicalmente opposta la carovana sarà munita
di un numero di telefono per chi si organizza all’ultimo!

le tappe, con partenza i primi di novembre da Roma e un arrivo previsto
in Sicilia l’ultima di Novembre.

  • Roma
  • Rebbibia
  • Terni
  • Latina
  • Napoli

E POI, DA DEFINIRE DOVE CI FERMEREMO , ATTRAVERSEREMO QUESTE REGIONI

  • CAMPANIA
  • CALABRIA
  • SICILIA

Carovana di solidarietà agli/alle anarchic* colpit* dalla repressione

Ormai non si contano più le operazioni repressive che colpiscono compagn* negli ultimi anni. Però ce le ricordiamo tutte. L’ultima in data 12 giugno denominata Bialystok si è addirittura spinta oltre le frontiere italiane, arrivando in altri paesi per arrestarl*.Lungi da noi l’idea di abituarci/rendere banali gli arresti legati a tutte queste inchieste per terrorismo. Anzi ci dipingono come viaggiatori anarchiche del conflitto. Ebbene sì, non entreremo mai nei canoni del trittico produci-consuma-crepa, al quale aggiungere «stai zitt* e rimani dove sei a debita distanza dalle altre persone». Non vogliamo riconoscere e legittimare le frontiere cosi come l’autorità, ci muoviamo e ci muoveremo, per fare esperienze, per dare solidarietà per occupare ancora e ancora nei pezzi di mondo da sovvertire e da liberare, partendo da noi stess*.
Non ci lasceremo soffocare e con la nostra energica presa bene vogliamo prendere la strada insieme in un progetto un po’ frizzantino creando una carovana con i nostri mezzi, strumenti, autoproduzioni e saperi senza chiedere il permesso a nessuno.
L’asticella della repressione si è alzata non tanto per le inchieste che ci sono sempre state ma per il fatto che qualsiasi cosa fai è un elemento a carico del accusa.
E se fare un saluto, un presidio o andare in giro a incontrare gente che resiste e lotta per la libertà sta diventando terrorismo allora continueremo a farlo sempre più consapevoli che non ci aspettiamo niente dallo stato che vogliamo abbattere, niente di meno.
Questa carovana sarà/diventerà ciò che vogliamo che sia.
L’idea è quella di partire dal centro italia verso sud rivendicandoci la solidarietà a tutt* le i compa incarcerat*.
Vogliamo occupare strade, piazze, prati sotto le mura delle carceri, andare a incontrare compa che ci possano ospitare nei posti, creando momenti di scambio confronti iniziative per autofinanziare la carovana stessa e magari tirare su qualche spiccio per rifornire le casse antirepressione.
Portiamo nella nostra stiva ciò che vogliamo e facciamo girare la voce per essere pronti a partire prima dell’inverno.
Quindi    DAJE FORTE STATE OF MIND
ON THE ROAD AGAIN gomme gonfie e serbatoio pieno

per l’anarchia
per la libertà

Bologna – Considerazioni in seguito al presidio sotto il carcere della Dozza

26 giugno sotto il carcere della Dozza – considerazioni

Tornare sotto il carcere della Dozza e riuscire a comunicare a lungo con i prigionieri è stato emozionante e ci ha provocato ancor più rabbia. Qualcuno/a di noi è finito/a dall’altra parte del muro il mese scorso, anche se non alla Dozza; è stata una permanenza – seppur breve – che ci ha convinte e convinti ancora di più di quanto delle galere non debbano restare che macerie.

Venerdì 26 giugno eravamo tante/i là sotto; siamo arrivati sotto le sezioni dei comuni e dell’AS3 e finalmente, dopo mesi, siamo riusciti a comunicare bene con chi è rinchiuso. Sin dal nostro arrivo si sono alzati dalle celle cori per la libertà e contro le galere.

Tutta la nostra vicinanza e complicità è stata portata alle compagne e ai compagni arrestati con l’Op. Bialystok, dove ancora una volta la solidarietà è stata attaccata, la solidarietà espressa in più modi e forme verso i/le compagni/e arrestate per l’Op. Panico e a fianco di Paska che aveva alzato la testa contro il pestaggio riservatogli dalle guardie durante il trasferimento per un’udienza a Firenze e contro la sua permanenza nel carcere di La Spezia.

Abbiamo riportato ai prigionieri quello che sta succedendo anche in altre carceri, un quadro che fa emergere senza mezzi termini che le strette imposte nel periodo dell’emergenza coronavirus hanno tutta l’aria di voler essere prolungate il più possibile da parte del DAP e delle direzioni dei penitenziari: dalle limitazioni ai colloqui, 1 o 2 al mese col plexiglass, alla stretta sui regimi a celle aperte, sino alle ripetute intimidazioni verso chi alza la testa.

Si è ribadita la responsabilità di Bonafede e dei suoi leccapiedi del DAP per le morti avvenute durante le rivolte di marzo, l’uso strumentale di quegli episodi su cui ora si fa leva per imporre ulteriori restrizioni. Lo Stato, come si è visto in questi mesi, cerca di volta in volta di attribuire la responsabilità delle stesse alla regia mafiosa o anarchica, per lavarsi la coscienza di ciò che è solo il frutto dell’orrore quotidiano del sistema carcerario. In questo senso le limitazioni estreme che regolano il regime del 41bis riflettono proprio il modello carcerario punitivo e di annullamento dell’individuo a cui, con crescente evidenza, si richiamano i vertici del DAP e il ministro Bonafede per l’intero panorama carcerario.

Dalle celle sono partiti ripetutamente cori e urla, fino ad arrivare a un fitto scambio di informazioni sulla situazione interna alla Dozza: dalle sezioni dei comuni più voci hanno raccontato che perdurano le limitazioni sui colloqui (uno al mese col plexiglass) e sulle ore d’aria (solo due al giorno) in tutto il carcere; diversi sono ancora i casi di prigionieri ammalati di COVID, o quantomeno di sospetti tali, tenuti nelle sezioni con gli altri e si parla di persone a cui le “cure” sono “garantite” con la sola somministrazione della solita tachipirina; per quanto riguarda il cibo, con il carrello del vitto è un susseguirsi di pasta, pane e riso, confermando la scarsa attenzione dell’amministrazione per una dieta minimamente salubre mentre l’uso delle docce è limitato a 5 minuti, altrimenti si riceve rapporto da parte delle guardie; regolari sono le perquisizioni delle celle intorno alle 4 di notte; i prigionieri hanno lamentato l’assenza di educatori (alcuni invece li hanno insultati senza mezze misure) e di qualsiasi tipo di attività lavorativa o meno; molti di loro hanno residui di pena bassi e magari anche un domicilio, ma non vengono fatti uscire; il detenuto che a fine maggio aveva dato fuoco all’infermeria (ad oggi ancora fuori uso) è stato picchiato e sbattuto in isolamento.

Più volte le guardie in borghese presenti sulle mura di cinta, con chiaro intento intimidatorio, hanno rivolto le loro telecamere verso i detenuti che comunicavano con i solidali.

Raccogliere notizie su quanto avviene dentro e renderle pubbliche ci sembra il minimo, tanto più in un periodo come questo, in cui nelle galere il lockdown sembra tutt’altro che superato e che la tendenza sia quella di normalizzare questa situazione.

Non si stupiscano lorsignori se fra un po’ di tempo, magari molto poco, la misura sarà nuovamente colma.

Op. Bialystok – comunicato di solidarietà

Wo aber Gefahr ist, wächst das Rettende auch.
(Dove c’è pericolo, cresce anche ciò che salva)
Friedrich Hölderlin

L’operazione Bialystock ci ha colpiti veramente da vicino. Dal 12 giugno 2020, 7 compagne e compagni sono in carcere e agli arresti domiciliari per opera dei ROS. In quanto toccati in prima persona, non possiamo rimanere in silenzio e vorremmo spendere due parole per analizzare l’accaduto.

In primis, le accuse.
Principalmente, il famoso articolo 270 bis, “associazione con finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico”, introdotto nel codice penale il 6 febbraio 1980 a seguito dell’esperienza degli anni di piombo, e modificato ed ampliato nel 2001 a seguito dell’undici settembre. Articolo nato dalla paura e applicato per paura, che risponde ai cosiddetti reati di pericolo presunto. Da sottolineare non soltanto la nebulosità delle categorie di terrorismo ed eversione, applicabili ad libitum ovunque ci sia da reprimere un elemento fastidioso nel corpus sociale, quanto il concetto stesso di associazione. Quello che si vuole punire con questo articolo non sono reati compiuti, bensì potenziali; e l’articolo si può applicare laddove si riesca a dimostrare che individui si associno, attraverso pratiche, ma anche tramite discorsi, affinità o finanziamenti. Quello che lo stato liberale deve a tutti i costi impedire è cioè il respirare insieme delle vite, il loro libero e multiforme cospirare.

Ubi fracassorium, ibi fuggitorium.
(Dove c’è una catastrofe, lì c’è una via di fuga)
Pulcinella.

Parimenti, l’articolo a proposito de “l’istigazione a commettere delitti contro la personalità dello Stato” trasuda la paura da parte degli apparati statali per la forza e performatività dei discorsi. Quello che viene qui punito è il pensiero e la ragione critica dell’esistente: dovremmo accontentarci dello status quo, per quanto irrazionale e perverso esso possa essere, senza possibilità né di metterlo in discussione, né di cambiarlo. Quello che gli spaventati difensori dell’ordine non riescono a cogliere è che la critica dell’esistente non è né una necessità, dettata da qualche invariante storica, né una possibilità, dettata dalla più o meno forte volontà di chi critica. La messa in discussione di un certo tipo di mondo è un’esigenza che deriva dallo stesso stato di cose, che non è più tollerabile. E se impediscono l’associarsi e il risuonare di vite qui, esse germoglieranno e giocheranno lì. Ed è per questo che hanno così tanta paura da sfoderare questi ridicoli meccanismi giuridici: tutto il mondo si sta disgregando sotto i loro occhi, e la radicale trasformazione è un’esigenza che ormai tutti gli esseri umani non riescono ad ignorare. Negli Stati Uniti sono ormai tre settimane che si succedono insurrezioni generalizzate ai danni delle forze dell’ordine e della proprietà privata, insurrezioni che – sorde ad ogni compromesso riformistico – stanno puntando dritto all’abolizione dell’istituzione poliziesca.

Dove gli apparati statali hanno paura per la loro stessa sussistenza, riscoprono queste misure emergenziali e cercano di colmare con la violenza un vuoto che si sta aprendo sotto i loro piedi. E non sembra essere un caso che questa operazione sia avvenuta a poche settimane di distanza dall’operazione “Ritrovo” ai danni delle compagne e dei compagni di Bologna, non sembra essere un caso che sia avvenuta a seguito della fragile situazione economica e sociale al seguito della pandemia di Covid-19.

Vorremmo dire anche due parole sul Bencivenga, dove i ROS hanno fatto brutalmente irruzione considerandola la base di questa ipotizzata associazione. Quest’ultimo è uno spazio occupato, ma non chiuso: accoglie individualità disparate da sempre e rende possibile incontrarsi ed esprimersi grazie all’aria di libertà che vi si respira. Le tante iniziative a sostegno dei detenuti e delle detenute che vi si svolgono sono state bollate come finanziamento ad altre attività, rendendo evidente il tentativo da parte dello Stato di dotarsi di uno strumento per criminalizzare una pratica necessaria quanto affermata in tutta Italia.

Alle loro misure giuridiche che ci vorrebbero affibbiare colpe e destini tragici, rispondiamo come abbiamo sempre fatto come collettivo NNS, con la gioia dell’autogestione al di fuori del diritto e dello scambio di merci, e col complice e solidale portare avanti le lotte degli esseri umani con cui abbiamo scelto di respirare insieme, di co-spirare. Alla colpa di associarci, prestazione che ci vorrebbe isolati in triste e predeterminate esistenze, rispondiamo con il libero gioco delle nostre amicizie. La loro tragedia, sarà per noi commedia, e laddove ci sarà una catastrofe, lì si apriranno multiformi e variegate vie d’uscita.

TUTTU LIBERU!
Collettivo NNS